FIRMAMENTO NEROSTELLATO 13 NOVEMBRE ORE17:00 CHIVASSO (To)
dicono di "Firmamento Nerostellato"...
La mia prima avventura cinematografica iniziò un tragico sabato mattina di fine estate nel dehors estivo di un bar di una desolata cittadina postindustriale piemontese. Fingevo di leggere il giornale e intanto osservavo sul lato opposto della strada il mio grande amore segreto dialogare allegramente e con una certa civetteria con quello che pensavo, forse non a torto, fosse il mio acerrimo rivale, quando mi si avvicinò lui, Victor Fiore in persona: aveva una proposta indecente da farmi, invitarmi a partecipare al suo primo lungometraggio. Accettai quasi subito, la vanità è sempre stata uno di miei punti deboli o forse di forza, mi trovai così proiettato in un mondo nuovo (o antico?), non più seduto sopra ad una banale sedia in plastica verde, ma imbracato ad un improbabile seggiolino eiettabile pronto a lanciarmi in un tempo remoto popolato di cantanti e orchestre jazz, squadre di calcio tanto gloriose quanto sfortunate, affascinanti attrici, una soprattutto, che malauguratamente fui obbligato per esigenze di copione a maltrattare, precludendomi ogni possibilità di conquistarla successivamente. In compenso mi veniva offerta la piacevole e stimolante opportunità di approfondire la conoscenza con quell'indiscusso maestro, non solo della celluloide, che è il regista sopracitato, mistico e profondo conoscitore delle tre grandi religioni monoteiste, qualità dimostrate nei suoi precedenti lavori "Ashurà. Storia di passione e di martirio" e "La memoria dei giusti". Su questo film, "Firmamento nerostellato - Notes of Passion" è già stato scritto molto e la sovracopertina del Blu-ray, nell'elegante stile sobrio che è proprio delle didascalie, sintetizza l'essenza del film: «un film a metà tra il calcio d'epoca e la musica swing del trio Lescano». Fiore, con sapiente proprietà narrativa e documentaristica, ispirandosi alle vicissitudini del nonno, ex calciatore del Casale, racconta attraverso la storia del calciatore-artigiano emancipato dalle sue origini, ma ad esse tenacemente legato, il difficile percorso di riappropriazione dell'identità umana, manifesto di fiducia nella forza dell'uomo. L'apologo sul difficile recupero dei gesti e dei segni della propria cultura si fonde con gli altri due temi principali del film, lo sport e la musica, in un vorticoso concatenarsi degli eventi che possono assumere l'aspetto delle delusioni ricevute, la sorte favorevole - nonostante l'invito da parte dei vertici di quella leggendaria squadra, in quello sfortunato giorno di maggio del 1949 non sentirà mai echeggiare nella carlinga la voce del comandante: «Quota 2.000 metri. QDM su Pino, poi tagliamo su Superga» - e l'asprezza del regime di allora. A sottolineare la funzione didattica contribuisce anche la presenza brechtiana del regista che introduce, conduce e conclude il film. Emozionante colonna sonora, preziosi contributi, non solo d'epoca, da parte di personaggi strettamente correlati agli eventi narrati e grande successo di pubblico alla presentazione del film nella sala della Film Commission Torino Piemonte.
Franz Schützenberger
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