PROCESSO ETERNIT: l'Italia che ha paura di essere prima... o che non può esserlo.
PROCESSO ETERNIT: l'Italia che ha paura di essere prima... o che non può esserlo. |
Scritto da Paola Zorzi |
Domenica 23 Novembre 2014 07:57 |
PROCESSO ETERNIT: l'Italia che ha paura di essere prima... o che non può esserlo.
La legge ex-Cirielli soprannominata salva-berlusconi o legge ad personam colpisce ancora. Colpa ammessa ma reato di disastro prescritto. In sostanza anche la sentenza Eternit finisce nell'impunità totale mentre risultano azzerati i risarcimenti alle FAMIGLIE delle vittime e a tutti gli "aventi diritto" precedentemente individuati. Foto e servizio Paola Zorzi.
Quello che doveva essere e ci si aspettava fosse un terzo grado di giudizio emesso in considerazione della pena comminata nei due precedenti gradi di giudizio è stato del tutto disatteso. Annullati con un solo colpo di spugna i 16 e 18 anni di pena inflitti a Louis de Cartier (nel frattempo deceduto) e Stephan Schmidheiny, decaduti anche gli obblighi di risarcimento nei confronti dei famigliari e vittime dell'amianto, degli enti, associazioni, siti, città, regioni coinvolti dal disastro ambientale, Casale Monferrato in primis. Nel frattempo la città ieri ha indetto una giornata di lutto cittadino, scuole chiuse, saracinesche dei negozi abbassate, tutti i cittadini di Casale Monferrato in piazza e per le strade a manifestare il loro sdegno.
Sbigottimento, sgomento, rabbia, delusione, sconforto, disillusione, estrema frustrazione, questo lo spirito con cui, alla lettura della sentenza, è stato colto il verdetto dalle tante realtà che in questi anni si sono battute per avere giustizia. Una sentenza definitiva che decreta la colpevolezza dell'imputato ma che lo sollevava da qualsiasi pena e obbligo di risarcimento.
Una decisione che ha colto anche i media di sorpresa che a quel punto si sono scatenati inondando ogni canale di informazione con la notizia. Una presenza un po' tardiva secondo alcune associazioni che hanno lamentato di non aver avuto adeguato sostegno prima che il verdetto fosse emesso "ora scandalizzarsi è un po' tardi e non potrà più cambiare le cose".... nel frattempo però lo scandalo e il risentimento che questa sentenza ha sollevato con echi estesi all'intero paese e oltre non potevano non arrivare anche ai politici che finalmente si sono detti disponibili a prendere in considerazione una modifica della normativa sulla prescrizione. A questo punto ci si chiede però se siano ancora e sempre necessarie delle vittime che pagano fino in fondo con la vita e di tasca propria affinché le cose cambino. non è forse una barbarie degna di altri e più oscuri tempi che le cose stiano ancora in questi termini?
In ogni caso a Roma il 19 novembre in Piazza Cavour, di fronte al Palazzo di Giustizia non sarà facile cancellare l'immagine delle tante presenze: persone, delegazioni, associazioni venute da tutta Italia e da tutto il mondo (Brasile, Argentina, Usa, Giappone, Francia, Belgio, Spagna, Svizzera, Olanda, Inghilterra).Soprattutto da Casale Monferrato, la città più colpita dall'amianto, erano giunti i tanti famigliari
e vittime dell'amianto, le associazioni AFEVA (Associazione Familiari e Vittime Amianto) e Voci della Memoria che in tutti questi anni hanno portato avanti questa lotta per avere giustizia e dare sostegno
alle tante persone colpite e coinvolte con un impegno personale costante ed estremamente serio. Ma si potevano leggere cartelli e striscioni in tutte le lingue. In particolare, alla delegazione francese proveniente da Parigi - "Association Victimes de l'Amiante" - facevano capo ben 63 associazioni locali con ben 28.000 iscritti! Presenti anche alcuni minatori delle miniere di carbone di Metz appartenenti all'organizzazione sindacale CNDT (Confederation Nationale des Travailleurs) venuti sia a dare la loro solidarietà che a difendere i loro diritti in quanto attraverso i macchinari e sistemi di estrazione erano stati esposti all'amianto. Alla luce di questi numeri è impossibile quantificare con questa sentenza quante siano state le aspettative disattese.
Volendo invece entrare nel merito della questione possiamo aggiungere che la sentenza ha sollevato questioni tecniche in merito alla possibilità da parte della Suprema Corte, di avvicinare i principi del Diritto alla realtà dei fatti (cosa che non è stata fatta); ad esempio rifacendosi alla Costituzione che suggerisce soluzioni giuridiche che tutelino valori fondamentali come quello della salute e l'utilizzo del buon senso.
Vi era anche molta attesa da parte della Comunità Scientifica che ha sottolineato come questo verdetto crei un precedente improntato all'impunità.Mentre infatti l'omicidio non può essere prescritto, soprattutto se premeditato, il disastroambientale rientrando in un altro tipo di accusa si avvale di quella normativa.
Resta il fatto, sottolineato ancora una volta dagli avvocati dell'accusa, secondo i quali non è possibile parlare di prescrizione in presenza della produzione e diffusione di un materiale, poi giacente nell'ambiente, le cui fibre sono soggette ad essere disperse in modo non controllato per tempi indeterminati. Questo delinea "un pericolo perdurante, tutt'ora in atto e permanente" in aperta contraddizione con la normativa inerente la prescrizione.
Durante l'udienza svoltasi a Roma presso il Palazzo di Giustizia il 19 novembre, giorno deputato alla pronuncia della sentenza da parte della Suprema Corte, Schmidheiny è stato descritto dall'accusa come persona preparata, istruita, per nulla sprovveduta, non solo a conoscenza dei danni provocati all'esposizione a questo materiale ma che ha tentato, attraverso l'occultamento, la disinformazione, una controinformazione mirata, di tenere basso il grado e l'impatto della comunicazione e informazione sull'argomento.
Anche la critica rivolta dall'imputato alle normative presenti in Italia, da lui giudicate insufficienti (con riferimento ad una normale pratica di adeguamento allo status quo legislativo in atto nel paese in cui sono site le filiali delle multinazionali), è stata contraddetta dall'accusa con riferimento a precise notizie su reiterate pressioni esercitate dalle stesse associazioni industriali del settore sulle istituzioni italiane al fine di non far approvare le leggi necessarie a risolvere il problema. Tanto che l'Europa ha dovuto intervenire in tal senso ammonendo l'Italia per mancato adeguamento della sua normativa.
Se infine la condanna con impunità dell'imputato non potrà certo soddisfare le tante parti in causa bisognerà almeno ammettere che una partita è stata vinta: quella della comunicazione. Infatti se in materia di danni ambientali, della salute in genere e dei lavoratori in particolare, i depistaggi, la disinformazione, il minimizzare sono la norma, in questo caso, dopo questo processo e grazie alla presenza costante di tante persone che per anni hanno rivendicato un diritto, possiamo affermare che la società ha acquisito una maggiore sensibilizzazione sull'argomento e che quanto fatto non è stato comunque inutile.
... e mentre i cittadini di Casale Monferrato non si arrendono sfilando con cartelli che recitano "Eternit: quante volte ci devono ancora uccidere?" da Torino il P.M. Raffaele Guariniello afferma: «La Cassazione non si è pronunciata per l’assoluzione. Il reato evidentemente è stato commesso, ed è stato commesso con dolo. Abbiamo quindi spazio per proseguire il nostro procedimento, che abbiamo aperto mesi fa, in cui ipotizziamo l’omicidio... Questo non è - ha detto inoltre il magistrato – il momento della delusione, ma della ripresa. Noi non demordiamo... Ci lascia sgomenti l’idea che vengano considerati prescritti reati legati a fatti che ancora oggi a mietere vittime»
Fonte IlGiornale.ch |
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